Arturo Catalano Gonzaga di Cirella- R.N. Roma
Premessa
Ruri ha anticipato di ben sei anni la risposta alla mia richiesta di conoscere il suo primo imbarco e come visse quel giorno particolare della nostra vita di italiani e di ufficiali che fu l' 8 settembre 1943. Forse presagiva che il suo tempo terreno ,stava per concludersi e, prima di riposare per sempre, volle ricostruire, sulla scorta del suo diario di Aspirante G,M. le fortunate vicende personali che lo videro uscire illeso dal rogo della Roma e riparare in Spagna con i superstiti. Ma per questa ricostruzione si servì anche del diario del Padre, Ammiraglio di Divisione in Comando, componendo un quadro che ha per sfondo le tragiche giornate che l'Italia visse mentre si avviavano le trattative dell ' armistzio, e, subito dopo, quando ,si manifestò, in tutta la sua ,spietata durezza, l'occupazione tedesca in contemporanea con quella alleata. Il libro "Per l'onore dei Savoia - 1943-1944 da un superstite della corazzata Roma", è dunque la vera scheda di Arturo Catalano Gonzaga di Cirella e non sarebbe giusto tentare di farne una sintesi senza travisare lo .scopo per il quale il libro è stato scritto,
Tuttavia, poichè Ruri nel gennaio 1997 mi chiese di presentare il suo libro al Circolo della Caccia di Roma e di farne la recensione sulla " Rivista Marittima ", penso che mi cia consentito riportare qui qualche cons'ierazione che feci sull' ' opera e citare alcuni brani particolarmente ,significativi.
Il libro si apre con il racconto di uno "Scoop" giornalistico, patetico e sensazionale, avvenuto nel luglio 1993 a Roma. Alcuni superstiti della grande nave (tra i quali Ruri) si incontrano con i due piloti tedeschi che cinquant'anni prima con la bomba PC 1400 X, soprannominata "Fritz X", avevano centrato con estrema precisione la nave da battaglia provocandone l' affondamento....." Dopo due giorni trascorsi insieme entrammo quando si faceva sera, nella Chiesa Traspontina in Via della Conciliazione. Ci eravamo raccolti, silenziosmente, nella penombra della grande chiesa davanti alla grande statua della Madonna, illuminata debolmente da una ventina di candele, per pregare insieme, l 'uno a contatto di gomito con l' altro, per tutti i marinai della nostra flotta scomparsi in mare in quel tragico giorno che fu il 9 settembre ".
Si deve riconoscere a Ruri il merito e l'umiltà di non ergersi mai a critico con il facile senno del poi, ma di limitarsi a presentare gli avvenimenti arricchendoli di ricordi e dettagli personali o dei compagni di corso con lui imbarcati, sia di quelli che scomparvero con la nave sia di quelli che sono ancora con noi. .
Mentre si avvicina il giorno dell' Apocalisse il ritmo della narrazione rallenta quasi si volesse concedere qualche ora di vita di più a quelli che non saranno risparmiati. Si indugia sui particolari più minuti, sulla vita che si conduceva alla Spezia sotto gli allarmi aerei ed i bombardamenti, sulla routine della vita di bordo in porto mentre l'ltalia sta per chiudere la pagina del ventennio. Poi arriva il giorno dell'armistizio, lo strano stato d'animo di chi si sente liberato da un incubo ma già ne intravede uno peggiore, I' attesa della "ultima missione", la partenza nel cuore della notte di tutta la Squadra, I' avvicinamento alla Sardegna in uno splendido mattino di sole, I' inattesa inversione di rotta verso il largo, ed alle 15.40 il sinistro apparire di aerei tedeschi...
Ruri è rampollo di una famiglia di nobile censo, educato nell'esclusivo collegio di Mondragone, enfant gaté, dal comportamento scanzonato, distratto ed indolente.... ma ora affronta con decisione il suo destino che lo coinvolge repentinamente nell'immane rogo della Roma. Rimasto miracolosamente illeso, si prodiga per soccorrere i corpi straziati dei feriti, per aiutare i naufraghi, per organizzare i superstiti nell'internamento spagnolo. Leggiamo qualche passo del libro seguendo la trasformazione del giovane spensierato Guardiamarina, per il quale la morte era un evento lontano che non lo interessava direttamente, nell'uomo che prende bruscamente coscienza che invece essa è lì nell'aria rovente e nel fumo acre e che tocca a lui fare ciò che può, fino all'estremo, per la salvezza dei suoi marinai: "Ero conscio di non aver nulla da temere racchiuso, come cavo, nella mia piccola torre protetta da una corazza dello spessore di 150 mm d'acciaio. Questa era una mia (in quel momento) quanto mai ottimistica conclusione;.....poi mi resi conto che i cannoni da 152 mm non servivano a niente.....con una massima elevazione di 45° contro bersagli che ne prevedevano una compresa tra gli 80° ed i 90°......... Improvvisamente una violentissima scossa fece sobbalzare tutta la nave fino a scaraventarmi giù dal mio sgabello, sbattendomi più volte contro le pareti d'acciaio della mia torretta....La nave aveva iniziato a sbandare sul lato dritto.....Certamente avevamo ricevuto un colpo a bordo il nostro fuoco antiaereo era già cessato............................
Dopo qualche attimo di comprensibile confusione la nave sembra aver ripreso il controllo delle funzioni vitali. I pezzi antiaerei da 90 mm di dritta sparano assieme alle grosse mitragliere, ma gli aerei sono irraggiungibili. La Roma, inclinata a dritta, riduce di velocità. Ruri comincia a pensare che tutto è perduto: " Dentro di me si stava intanto ingigantendo la netta e violenta sensazione di pericolo, di un pericolo sempre più imminente. Inconsciamente mi raccomandai a Dio, perchè mi sembrava di avere la morte alle spalle. Era una sensazione assai strana, quasi palpabile ".
Con il binocolo inquadra un aereo dal quale si stacca un puntino rosso che traccia nel cielo azzurro una lunga striscia nebulosa: "L 'ordigno stava scendendo giù dal cielo verso di me! Era una cosa velocissima, preceduta questa volta da un sibilo ancor più lacerante che si impadroniva dei miei timpani. Tutto continuava inesorabilmente a venire contro di me. La pelle mi si accapponò lungo tutta la schiena mentre seguivo la traiettoria della bomba con il fiato sospeso e con il cuore che batteva sempre più veloce, sempre più veloce.....,..L' ordigno arrivò finalmente alla sua meta con un tonfo leggero, quasi impercettibile.
Passò un' eternità o forse una manciata di secondi, avevo già perso ogni nozione del tempo; ci fu una violenta folata di aria bollente, non esplosione. Da essa nacque improvvisa, altissima e larghissima, una fiammata gialla, poi quasi violacea, che s'involò verso il cielo avvolgendo come in una gigantesca morsa il torrione ed il fumaiolo di prora. In quello stesso istante provai un dolore acuto ai timpani ed una sensazione di caldo torrido. L' aria sapeva di zolfo ardente ed entrandomi nei polmoni mi bruciava il respiro costringendomi a tossire nervosamente "
La seconda bomba era esplosa nel deposito munizioni della torre 2 dì medio calibro di prora ed aveva sfondato le attigue caldaie generando una gigantesca ondata di vapore; così si era innescata la deflagrazione del contiguo deposito munizioni della torre n.2 di grosso calibro. La fine è ormai prossima: "Tanti marinai terrorizzati correvano da una parte all'altra, molti avevano visi neri di fuliggine e camminavano a tentoni, benchè vi fosse la luminosità del sole. Altri perdevano sangue da ferite invisibili, altri ancora uscivano da non so dove, con le vesti in preda alle fiamme, agitando convulsamente le braccia. Alcuni tentavano di gettarsi in mare stringendo in un convulso abbraccio il salvagente. Tutti in realtà correvano come ciechi senza una meta. Ebbi allora la prima netta sensazione che la Roma stesse morendo e che per i miei marinai e per me si stesse preparando solo una morte da topi, racchiusi come eravamo nella torre d'acciaio dei nostri cannoni ".
Ordina perciò di uscire dalla torre e di mettersi in salvo.
"Lo spettacolo che mi si presentò davanti mi lasciò come impietrito. Verso prora non si vedeva altro che una compatta cortina di fumo nero che si ergeva verso I' alto come un fungo immane gravitante su tutti noi, quasi fosse una nube in tempesta, tanto da oscurare completamente il nostro cielo. A poppa alcuni corpi giacevano a terra senza vita. Piccoli rivoli di sangue scorrendo verso dritta andavano colorando di rosso il legno della coperta....
Uno venne verso di me trascinandosi dietro un marinaio con un braccio quasi staccato dal corpo. Dal taglio della ferita usciva un fiotto di sangue così copioso da inondare di rosso la coperta sotto di lui. "(era il suo furiere della Segreteria Dettaglio che lo invocava come suo salvatore) "Con il mio fazzoletto, già intriso di sangue, gli legai il braccio fracassato tentando alla meglio di impedire che il sangue continuasse a fuoriuscire. Con i residui pezzi della sua camicia cercai di coprire quelle carni straziate che facevano intravedere il biancore delle ossa. Il mio .segretario, preso da un impulso di riconoscenza, tentò di abbracciarmi inondandomi di sangue. Per un istante mi parve di perdere il controllo dei nervi perchè il suo liquido rosso mi era entrato dal colletto della camicia e mi scendeva caldo lungo il petto. Poi, lentamente, con fatica gli misi addosso il mio salvagente. " Non muoverti senza di me, tieniti accanto a me, capito? Non mi mollare mai". Fu questa l'unica raccomandazione che gli diedi.
Tra quella umanità impaurita Ruri riconosce qualche altro volto noto..... "All'improvviso dalla cortina di fumo nero, che andava coprendo il tutto, apparve un nero fantasma. L 'ombra nera aveva una divisa blu con tre galloni d'oro sulle maniche: era il Tenente di Vascello Agostino Incisa della Rocchetta. La pelle delle sue mani pendeva giù come se fossero lunghi guanti, il volto era tumefatto, i capelli, le ciglia, le orecchie, tutto era stato dilaniato dal calore dell ' esplosione e del vapore bollente ". Ormai è tempo di abbandonare la nave. Il mare è cosparso di superstiti che cercano di rimanere a galla in attesa di essere soccorsi. Ruri ha il tempo di dare un ultimo sguardo alla nave, ridotta a un ammasso di rottami, prima che si capovolga spezzandosi in due grandi tronconi. Poi "la poppa sprofondò lenta, scivolando avanti, con un gorgoglio sommesso, la prora invece si erse verso il cielo, quasi a sfidare ancora il nemico. Vidi la prora per qualche istante, immobile, tanto che ebbi modo di vederne distintamente il bulbo. Poi verticalmente, come se fosse stata attratta da una forza titanica, la prora della nostra nave tentò di alzarsi ancora più imponente verso il cielo. Cercava di darci così il suo estremo saluto prima di scomparire per sempre negli abissi del mare ". Nella seconda parte del libro, mentre in terra spagnola i feriti ustionati lottano per la vita e per riprendere un aspetto umano, la Storia lascia il posto alla cronaca delle vicissitudini e delle lunghe giornate grigie di uomini stanchi e delusi, senza notizie delle loro f'amiglie, incerti del futuro che li attende mentre il presente è piuttosto misero. Ruri si prodiga per dare un senso ed una organizzazione alla vita di questi uomini, ma gli animi sono esacerbati, l'ozio forzato esaspera il malcontento, la disciplina vacilla. C'è un rifiuto del rancio che le Autorità spagnole, già a corto di viveri per i loro uomini, non possono tollerare: tutti consegnati per una settimana e Ruri, ufficiale responsabile, punito con dieci giorni di "fortezza" che sconterà sul caccia spagnolo Churruca con sentinella armata di guardia alI' alloggio. E qui si verifica un episodio singolare: il Comandante del caccia, conosciuto il cognome di Ruri, gli rende visita e lo abbraccia come figlio del suo grande amico Gaetano (il padre di Ruri) comandante dell'esploratore Da Verazzano durante la guerra civile spagnola.
Ruri rientrò in Italia con l' incrociatore Duca d' Aosta che partì da Algesiras il 12 luglio 1944 per arrivare il 15 a Taranto dove si trovava la Divisione delle corazzate Duilio e Cesare comandata da suo padre: "Per giungere tempestivamente sull'incrociatore..... mio padre inviò sottobordo dell'unità il suo motoscafo con a bordo il guardiamarina Antonello Zunino con l' ordine di tornare a tutta forza su nave Duilio non appena avesse visto sbarcare l'ammiraglio Da Zara (che aveva portato ai naufraghi rimpatriati il saluto del ministro della Marina Amm. De Courten). Tale operazione gli permise poco dopo di salire a bordo di nave Duca d'Aosta con il Comandante Goretti ed il suo aiutante di bandiera. Nel salire il barca rizzo era molto emozionato e finalmente, ricevuti gli onori prescritti e ,salutato il Comandante dell'unità, mi vide mentre mettendo al bando l'etichetta navale gli correvo incontro.... Mi ritrovai in coperta nelle braccia di mio padre che, commosso, andava ripetendomi più volte: " Su Ruri,su Ruri ormai è tutto di poppa! ".
Erano passati dieci mesi e sei giorni dal 9 settembre 1943.